La zona di produzione del Soave ha il proprio epicentro all'estremità orientale dei Colli Lessini della provincia di Verona, raggiungibile percorrendo la A4 Milano - Venezia.
Il tracciato stradale attraversa i vigneti che fungono da collegamento con i centri vinicoli delle valli di Mezzane, Illasi e d'Alpone.
La zona comprende i territori di più comuni, tra i quali quelli di Soave e Monteforte d'Alpone. A questi è riservato l'uso della specificazione "Classico" in aggiunta alla denominazione "Soave" nei prodotti dell'uva perché zona originaria più antica.
La Garganega è la versione locale del vitigno Trebbiano trovano qui la maggior concentrazione per produrre dei vini di un'intensità e di una pienezza tali da dare piena ragione del nome: Soave.
Cliccate sulla cartina per un maggior dettaglio della stessa e per poter accedere ad alcune immagini rappresentative della zona di produzione DOC Soave.
Antichissime sono le testimonianze della coltura della vite nella zona di Soave e grande è la fama di questo vino fin dai tempi più remoti della storia. Probabilmente seguendo l'esempio degli Etruschi, Veneti e Celti diedero inizio alla coltura della vite ed alla produzione del vino.
Quando i Romani si vennero a stanziare nel veronese non fecero altro che incrementare le terre coltivate e la produzione. Le cantine dovevano mettere in commercio un pregiato VINO RETICO.
Per la successiva commercializzazione lo si trasportava coi carri, in anfore o botti, ai magazzini del porto fluviale veronese dietro Santa Anastasia o ai depositi in zona Campon.
Qui avveniva l'imbarco sui barconi fluviali diretti nell'area mediterranea o, meglio ancora, su per le terre imperiali lungo il Reno e il Danubio. Anche i monaci si trasformarono in viticoltori dissodando terreni e promovendo la diffusione della vite.
Solo dopo il degrado dell'età barbarica che causò in parte l'abbandono della coltura della vite intorno all'anno Mille, queste zone ripresero lentamente vita difendendosi coi castelli dalle ultime invasioni ungariche. Ruderi ed integri manieri fanno ora parte cospicua del paesaggio.
Da Montorio ad Illasi, da Soave a Monteforte d'Alpone, miriadi di rocche costellano le alture. Guelfi e Ghibellini, Monticoli e Sanbonifacio, Scaligeri, Visconti, Carresi e Serenissimi Veneziani s'incontrarono e scontrarono frequentemente da queste parti. Venne di seguito il tempo delle ville di campagna. Borghi, castelli, ville e palazzi avevano il pregio dell'armonico inserimento nel contesto dei luoghi.
La coltura della vite non visse sempre momenti esaltanti. Oltre alle cause umane, tipo l'eccessiva produzione e le carenze tecnologiche, anche l'inclemenza della natura con il flagello dell'oidio e il comparire di altri insetti dannosi alla vite diede il suo negativo contributo. Un comparire d'una "società enologica" fu seguita da un più consistente intervento per l'industrializzazione agricola e per la promozione coi canali d'irrigazione anche delle bonifiche. Il decollo enologico veronese ebbe la sua svolta positiva verso la fine dell'Ottocento. Nuove tecniche produttive e una continua ricerca per il miglioramento della qualità furono e sono tuttora le basi del successo di questo vino. Nel Novecento, esposizioni mostre e manifestazioni fecero conoscere all'intero mondo questo piacevole e raffinato prodotto.
Il Soave può essere considerato il vino bianco italiano per eccellenza. Non è solo per le uve Garganega e Trebbiano con cui viene prodotto, vitigni ben inteso autoctoni - almeno da una certa epoca in poi - quanto per il suo profilo espressivo che si allontana dallo stile internazionale dello Chardonnay o del Sauvignon. Si presenta infatti con una ricchezza diversa, più integrante e complessa.
Le colline della zona Classica tra Soave e Monteforte e le migliori posizioni della zona allargata propongono uno spettro di terreni davvero diverso e interessante. Nel caso in cui il terreno, che sia vulcanico o calcareo, tufaceo o argilloso, sia magro in quanto a sostanze azotate e ricco invece di microelementi, la Garganega può mostrare tutto il suo valore. Questo vitigno, il cui vigore e slancio produttivo deve essere controllato con rigore, dona un bianco dai profumi raccolti e non aromatici; i suoi sentori caratteristici come la mandorla e alcuni fiori bianchi si esprimono gradualmente, la frutta bianca è tenue, tanto che quando si percepisce in modo più netto e voluttuoso diventa chiara la presenza dello Chardonnay, che il disciplinare peraltro autorizza fino al 30%.
Questa mancanza di aromaticità della Garganega e del Trebbiano, è, per alcuni produttori, un'occasione, una sfida, perché i profumi di Soave possono diventare articolati, intriganti, a patto che mantengano una profondità ed una persistenza degna di un vino grande, e questo possiamo dirlo in assoluto. Le delicate sensazioni primarie interagiscono con alcuni sentori secondari tanto da creare una vera emancipazione di questi ultimi. Dal punto di vista gustativo la sapidità vitale del Trebbiano può essere un sostegno perfetto per la pregnante densità della Garganega: il Soave risulta così ricco e nello stesso tempo godibile, un perfetto vino bianco da pesce con la sua energia decisa ed essenziale. Alcune interpretazioni diverse, sostenute dalla presenza dello Chardonnay o da sistemi diversi di macerazione e vinificazione delle bucce, disegnano un'espressione più ricca e avvolgente tanto che il Soave può maturare bene nel legno e rappresentare anche un'opzione per l'abbinamento con piatti di carne bianche e in qualche caso anche con formaggi intensi.
LA GARGANEGA. E' il vitigno principale della denominazione. Ha trovato nel corso dei secoli un habitat ideale soprattutto nei rilievi collinari che caratterizzano le valli d’Alpone, del Tramigna, dell’Illasi e di Mezzane. Solo in queste colline di terreno tufaceo di origine vulcanica con importanti affioramenti calcarei si è andata a realizzare questa ideale simbiosi di ambiente.
La Garganega non possiede una aromaticità spiccata, ma un piccolo patrimonio di profumi di cui la mandorla e i fiori bianchi sono i più nitidi; ha uno sviluppo biologico molto lungo, tanto da giungere a maturazione in ottobre; ha una buccia dura e particolarmente gialla (quasi rossa) quando è matura. Non ha un’acidità preponderante ma piuttosto un interessante equilibrio di estratti e zuccheri.
Germoglio ad apice mediamente espanso, verde biancastro, cotonoso con foglioline apicali spiegate, verdi-biancastre, cotonose. Foglia media, pentagonale, quinquelobata, con denti molto pronunciati, lembo verde opaco un po' bolloso, glabro.
Grappolo lungo, cilindrico, con ali molto pronunciate, relativamente spargolo, con rachide che spesso spacca in punta. Acino medio sferoide, di colore giallo dorato a stacco relativamente facile, ombelico persistente; buccia spessa; polpa succosa, di sapore semplice.
IL TREBBIANO DI SOAVE. Famiglia di vitigni a frutto bianco tra i più diffusi in Italia, presenti nell'uvaggio di decine e decine di vini D.O.C., sia bianchi che rossi.
Da solo forma 6 diverse D.O.C. (Trebbiano Val Trebbia dei Colli Piacentini, Trebbiano di Aprilia, Trebbiano di Arborea, Trebbiano di Capriano del Colle, Trebbiano d'Abruzzo, Trebbiano di Romagna). La sua vasta diffusione e' dovuta alla capacità di adattarsi alle più diverse tipologie di terreno e condizioni climatiche, alla grande produttività ed alle caratteristiche del vino che ne deriva, generalmente gradevole e corretto e facilmente commerciabile perché‚ sufficientemente neutro per essere impiegato in unione con altri vini dalla personalità più spiccata, senza sopraffarli anche se utilizzato in elevate percentuali.
Germoglio ad apice espanso, lanugginoso, verde-biancastro con sfumature rosate e con foglioline apicali piegate, verdi-biancastre con sfumature giallo-rosate.
Foglia media, pentagonale, trilobata, lembo ondulato, verde di media intensità, tormentoso nella pagina inferiore. Grappolo medio, piramidale, alato, semicompatto; acino medio, sferico, giallo verdastro, buccia consistente e punteggiata, polpa semi-sciolta, sapore semplice, dolce.
LO CHARDONNAY. Vitigno a frutto bianco molto diffuso in Francia dove rappresenta la componente principale dell'uvaggio di alcuni dei piu' prestigiosi vini del mondo, quali lo Champagne, lo Chablis, il Corton-Charlemagne, il Mersault, il Montrachet, il Pouilly-Fuiss.
Dalla Francia si e' diffuso in tutte le zone in cui esiste la volonta' di produrre vini di grande pregio, quali la California, il Sud Africa, la Nuova Zelanda, l'Australia. In Italia e' particolarmente diffuso nelle zone a vocazione spumantistica, quali il Trentino, l'Alto Adige e la Franciacorta.
Le D.O.C. italiane di Chardonnay sono 4 (Chardonnay Alto Adige, Chardonnay Grave del Friuli, Chardonnay Lison-Pramaggiore e Chardonnay Trentino), ma impianti di questo vitigno si stanno diffondendo in ogni regione dando origine a vini di grande pregio, apprezzati in tutto il mondo ma classificati per legge come "vini da tavola".
Germoglio ad apice mediamente espanso, verde biancastro, cotonoso con foglioline apicali spiegate, verdi-biancastre, cotonose. Foglia media, pentagonale, quinquelobata, con denti molto pronunciati, lembo verde opaco un po' bolloso, glabro. Grappolo lungo, cilindrico, con ali molto pronunciate, relativamente spargolo, con rachide che spesso spacca in punta. Acino medio sferoide, di colore giallo dorato a stacco relativamente facile, ombelico persistente; buccia spessa; polpa succosa, di sapore semplice.
IL PINOT BIANCO. Famiglia di vitigni a frutto bianco e rosso, molto diffusi in Francia dove rappresentano la componente principale dell'uvaggio di alcuni dei più prestigiosi vini del mondo, quali lo Champagne (Pinot nero e Pinot meunier), e la Borgogna (da uve Pinot Nero si producono lo Chambertin, il Musigny ed il Roman‚ e-Conti).
In Italia e' particolarmente diffuso nelle zone a vocazione spumantistica, quali l'Oltrepo Pavese, il Trentino, l'Alto Adige e la Franciacorta.
Le D.O.C. italiane di Pinot, nelle sue varietà "bianco", grigio" e "nero" sono ben 40, ma impianti di questo vitigno si stanno diffondendo in ogni regione dando origine a vini di grande pregio e successo, ma classificati per legge come "vini da tavola".
Germoglio ad apice mediamente espanso, cotonoso, biancastro, con foglioline apicali spiegate, cotonose, biancastre. Foglia media, tondeggiante, trilobata, lembo a coppa, un po' bolloso, di colore verde scuro.
Grappolo medio-piccolo, cilindrico, spesso alato, compatto, acino sferoide, mediamente resistente allo stacco, buccia piuttosto leggera, polpa succosa, dolce e di sapore semplice.
"Vinum suave, nobile et pretiosum" ; così chiamavano questo vino gli antichi Romani descritto già nel 533 d.c.dal funzionario imperiale di Re Teodorico, Cassiodoro. La sua lavorazione richiede cura e attenzione particolari.
Il Recioto è ottenuto da uva Garganega che ha il grappolo spargolo, vale a dire con acini radi non troppo grossi e dalla buccia consistente. L'uva, anche se matura, viene raccolta quando gli acini sono ancora molto sodi, integri e asciutti.
Successivamente, prima di essere pigiata, viene posta su tralicci o plateau di legno disposti in locali ben aerati dove è lasciata appassire allo scopo di concentrare gli zuccheri che contiene.
Con questo processo, chiamato appassimento o surmaturazione, non avviene solo una disidratazione dovuta all'evaporazione dell'acqua contenuta negli acini, ma anche una metabolizzazione degli zuccheri, un aumento di fruttosio e di sostanze polifenoliche, che recenti studi ci dicono essere piuttosto benefiche per la salute.
L'appassimento, a seconda dell'annata, si può prolungare fino al mese di Marzo, normalmente però a Natale si provvede alla pigiatura.
Il mosto che se ne ricava, (con una resa finale inferiore al 10% rispetto all'uva raccolta in vigna), ha un profumo che evoca frutta matura dal sapore pieno marcatamente dolce e il tenore alcolico, quando sarà in bottiglia, varierà fra i 13 e i 15 gradi.
Le vinacce stanno a contatto con il mosto da poche ore a qualche giorno.
L'invecchiamento avviene in barrique: particolari botti da 225 litri costruite da legno di quercia proveniente dai boschi della Francia centrale. Il legno cede così i suoi numerosi composti aromatici con caratteristiche organolettiche che vanno dalla mandorla tostata alla vaniglia, fino al fieno ammuffito.
Questo vino deve il suo nome alla particolare forma dei grappoli di Garganega che nella parte superiore assumono una posizione alata a mò di orecchie. Queste ultime in dialetto Veneto sono dette appunto rece, da cui Recioto.
In particolare per alcuni dei vini proposti da ViniSoave.it nella tipologia dei passiti o da dessert, l'appassimento è prolungato e sono utilizzati solo gli acini colpiti dalla Botritis cinerea, altrimenti detta muffa nobile, che influisce in modo meravigliosamente benefico sul vino.
Lasciati in botte anche per tre anni sono in grado di dare parecchi punti a più di qualche blasonata etichetta di Sauternes.
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